Testimonianze

Apriamo questa pagina dedicata alle testimonianze con un discorso encomiativo scritto nel 1847 dall’oratore Padre Antonio Antinoro, di Canicattì[1], dedicato ad Alessandria e agli alessandrini di ieri, di oggi e di domani.                      
<<Se qualcuna volta, o Signori, meditaste sulle più belle fatture di Dio; se qualcuna volta vedeste o l’incantevole de’ campestri fiori o il sublime de’ celesti corpi, non diceste entro a voi stessi che Dio è Sommo, Sapientissimo, Onnipossente, Benefico? Oh se potessi un istante, ed un istante solo disserrare le soglie adamantine di Gerosolima nuova; rendere visibile un solo de’ Cherubini negli atteggiamenti di culto, o disvelare gli angelici cori e i venerandi Vegliardi di auree corone! Ah! Voi allora compresi d’altissima meraviglia, sentireste tutto il grande, che potrà sentirsi di Dio. Eppure voi nulla sentireste ancora. V’ha nell’ordine della grazia tale una fattura dell’Eterno, che come il sole vince in luce ogni pianeta, così d’essa ogni qualunque fattura; e come espande e riceve ogni acqua di nube, di fonte, di fiume, così dessa espande le grazie tutte, e tutte in se le contiene, come s’addice a Creatura, è vero, ma innalza alla più alta missione, che aver si puote quaggiù. Voi già credete che io questo dì vorrò, parlarvi di Maria o della grandezze di Maria, ma v’ha mente o lingua capace ad arrivare a disvelare tanta altezza? Voi credete che io mi proverò nell’arcano, eppure son disposto ad intrattenervi sul visibile e sul più tenero, che potrà vantare la patria. ….. Noi nulla siamo, o al più siamo strumenti dell’Eterno, che da se muove tutto con arcana forza e giunge immancabilmente al suo scopo. ……Io no vi dico o Signori che le teorie indubitate di fatti, e fatti di patria tradizione: io non vi parlo che d’un attestato di predilezione, d’un volere dell’Eterno, fatto a noi chiaro per Maria, e su di che posa fermissima una verità, meta del mio odierno discorso. L’invenzione del Simulacro de la Madonna della Rocca segna un’era di vera gloria alla patria vostra. Signori! L’udiste? Tra i molti e molti fenomenali argomenti che fan peso al fantasticare dei mortali, ha il suo debito luogo, quello che sotto la magica parola gloria si chiude. Da che il mondo è mondo ne scopro il germe entro i più nascosti labirinti dell’umano cuore, lo leggo in fronte alle colte e barbare nazioni, nel segreto asilo de cenobita, sull’elsa del guerriero. Ma dove sta la gloria vera? Ecco il gran problema o Signori da discutere accuratamente. ….. Per voi Alessandrini un’era di gloria, ma tale che i lunghi secoli, le vicende politiche, i mutamenti dell’umanità non cangeranno. …. Un favore dell’Eterno datovi mercé la più perfetta creatura, primogenita tra tutte le fatture, vi pone a livello dei gran popoli morali della terra che figurarono nei trascorsi secoli, e figureranno in avvenire. Per voi una missione specifica. Ma Dio santissimo! Io vedo esaltare i miei poteri al solo addentrarmi nel concetto di chi compie a voi l’augusta missione. Io quasi credo inarrivabile la vostra gloria al sovvenirmi di Maria. Sì io viddi le varie missioni a decoro ed utilità dei popoli o degli eletti del Signore, ma toglietene l’umanitaria sola affidata all’unto di Dio, e ditemi qual un’altra pari alla vostra si affidò a creatura più eccelsa? ……. Ma qual confronto tra l’Angelo di luce e Madonna? Splendore dei cieli, grandezza delle stelle, immensità degli spazi, Maria la Madre di Gesù? La Madre dell’unigenito, la sposa del santo Spirito, questa fattura santissima intanto, e questo decoro di ogni creazione, e questo prodigio dell’Eterno, s’invia a Voi, e vien lunghesso la vostra patria, e addita un suo simulacro, e vuole sacro un tempio a segno perenne di gloriosa predilezione? Oh gran Dio! Io mi perderei nella immensità di questo solo sentimento, senza l’onnipossente vostra grazia. Quella donna eccelsa dalla quale nacque Gesù, quella donna assimilata ad ogni che di grande, spedita a voi, a armonizzare con una verginella vostra concittadina? Inorgoglirete voi Alessandrini innalzati a tanta gloria, in sì fatto modo prediletti? Sia si, ma sia in voi un santo orgoglio, voi che vi risovvenite dell’era faustissima dell’appariscenza di Madonna. A che io mi asporterei questo dì su quel monte aprico teatro di quella vera gloria datavi da Dio medesimo: richiamerei in mente il più bel mattino tra i bellissimi che conta la classica terra; un cielo ridente, le sommità dei monti splendidi dai primi raggi del sole nascente, l’azzurro incantevole, e quel magico colore delle valli. Mi sovverrei del canto dolcissimo degli usignoli e di quel gratissimo frastuono con che gli augelletti salutano il nuovo giorno. Quante bellezze, o fratelli, non disseminò l’Eterno a nostra utilità! Ma io devo chiamarvi, almeno per pochi istanti, a scena miseranda, e vorrei farvi meditare mille cose toccanti i poteri umani, ed anche dell’ammirevole provvidenza. Mirate una madre infelice, che a tutte le miserie di una vita provetta, e ad una povertà estrema congiunge l’indicibile doglia di vedersi una figlioletta cieca dalla natività. Ecco colà la coppia meschina che pare avviarsi al vicino colle. Ditemi, signori, un volto privo di lumi, non respinge altrove i vostri sguardi come cosa disdicevole alla beltà dell’uman corpo? Pure voi fisso mirate nell’angelica innocenza che chiarissima splende nella fanciulla, e quasi, oh Dio mio, quasi non avvertite che da quando a quando urta nei sassi, e stretta dolcemente al materno braccio, che la sostiene, fassi strada con una mano distesa, e muove il volto al cielo. Oh provvidenza! Io vi adoro al pari dei cherubini. Chi poteva dirvi, o signori, che una fanciulla a cui tutto manca tranne l’innocenza, doveva essere lo strumento della vostra gloria, e stabilire tra voi un’era novella? In questo Tempio, fido e perenne testimone della verità santissima testè profferitavi, o non molto lungi dell’ambito di questo luogo santo, viddero i padri vostri venerandi ….. . ma che viddero, o signori? Nulla di quanto io vedo, o fingo di vedere. Io mi trasporto solo, solo, in tutta la natura apparescente, ed in questo visuale orizzonte, io entro nei concetti di una fanciulla cieca, lasciata sola da una madre, che per campare stentatamente la vita, bisogna raccogliere erbe selvagge de’ campi. Io fo i più duri concetti contro la Provvidenza, contro i grandi, contro tutti. Io nulla più vedo che la luce e foltissima come sole al meriggio quando non copre la nube. Una sola voce udiva: Madre vi vedo! Mi apparve Maria! Signori era la voce della vostra fanciulla. Ma quel che capiva in mente, ma i brividi della madre al vedersela appressare con fermi e sicuri passi, ma le lacrime dolcissime che colavano dalle materne gote, ma i fervidi amplessi, Dio mio! E chi potrà ridirli? Un fatto di tanta tempra, un popolo nutrito sotto un si speciale favore; un solo risovvenirci che l’Eterno spediva la sua Genitrice a presentare di un simulacro i padri nostri, ed i più tardi nipoti loro, basterà a renderci gloriosi per tutti i secoli avvenire. Gloriosi? Ma forse in questa sola terra meschina, da nulla? No, fratelli! Rallegratevi! Voi un dì al sommo favore, di quaggiù vedrete congiunta l’eterna gloria in Sionne …. Diceva>>.  





[1] Padre Antonio Antinoro eccellente predicatore che pubblicò, nel 1838, la “Dissertazione sulla eloquenza sacra” riscuotendo così tanto consenso che, il Padre Generale dei Minori Osservanti, volle istituire in ogni provincia del suo ordine la cattedra di eloquenza sacra. Nel 1843 pubblicò, “Sul bisogno di civilizzare le infime classi per ottenere la felicità civile sperabile”, un libro in cui il tema sociale viene affrontato nei suoi orizzonti più vasti e si affermano i diritti dei ceti meno abbienti e i doveri dei governanti. La sua sensibilità dinanzi a tanti stenti e privazioni lo indussero ad elaborare una dottrina sociale in favore dei poveri e degli indifesi, con le tesi talmente innovative da precorrere la “Rerum novarum” di Leone XIII.

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