LA FAMIGLIA BARRESI (fondatrice di Alessandria della Rocca)
La famiglia Barresi, originaria della Francia centro settentrionale, giunse in Sicilia al seguito del conte Ruggero di Altavilla e di suo fratello Roberto - detto il Guiscardo - che si erano posti il difficile impegno di liberare l'isola dalla dominazione araba. Dopo avere ottenuto dai re normanni la concessione di alcuni feudi, i Barresi scelsero di fissare la loro dimora definitiva a Pietraperzia come centro principale dei loro possedimenti. Le divisioni ereditarie, nuovi acquisti, donazioni e matrimoni produssero, intorno al XIV secolo, una diramazione della famiglia Barresi in due rami titolati: di Pietraperzia e di Militello val di Catania. Nel XVI secolo, dalla famiglia di Militello (CT), Nicolò Barresi, con l'acquisto della baronia di Pietra D'Amico, si insedia in quello che oggi è il territorio di Alessandria della Rocca, nell'area sicana della provincia di Agrigento. Nel 1542 Nicolò Barresi acquistò la baronia di Pietra D'Amico, appartenuta precedentemente alla famiglia Abbatellis della contea di Cammarata, e confiscata per poi essere ceduta ai Barresi per 800 scudi (corrispondenti a 5020 onze). La baronia comprendeva i seguenti feudi: Presti Lisciandro (Alessandro) da cui prenderà nome il paese, Solicchialora, Moavero, Ciniè, per una superficie di ben 752 salme (una salma corrispondeva a 3 ha di oggi). Alla morte di Nicolò (13 settembre 1558) la baronia passò al primogenito Francesco Armando. Francesco ebbe vita breve, morì nel 1567, e la baronia passò al figlio Carlo che contrasse matrimonio con la cugina Melchiorra Barresi, figlia dello zio paterno Blasco. Carlo scelse di vivere costantemente nella baronia e dopo pochi anni fondò Alessandria della Pietra nel 1570. Carlo ampliò notevolmente la baronia acquistando feudi confinanti in territorio della vicina Bivona: Fontana Rossa e Noro. Carlo si rivelò molto attivo nel favorire l'introduzione di nuove colture - la vite - e nel potenziare quelle esistenti come il grano. Nella baronia, nel 1578, si produssero 3000 salme di frumento (corrispondenti a q. 6600). Carlo comprò diverse terre con vigneti e, in 50 di amministrazione, la baronia fece registrare uno sviluppo straordinario. Alessandria della Pietra fu un continuo e laborioso cantiere edile con le ovvie e benefiche ripercussioni sul piano economico, per la circolazione monetaria, per le varie maestranze impegnate nelle opere, per i riflessi nel commercio sia nel territorio, sia nei paesi vicini. Dopo la morte di Carlo nel 1618, la baronia passò nelle mani della nipote Elisabetta, figlia della sorella Beatrice e di Pietro Barresi figlio di Blasco. Elisabetta dopo circa sei anni, il 4 febbraio 1624, sposò Girolamo Di Napoli - Principe di Resuttano e proprietario della villa Resuttana a Palermo - appartenente ad una ricchissima famiglia originaria di Troina (CT). Elisabetta, nella tradizione dei suoi predecessori, si dedicò con energia, per circa sessant'anni, a migliorare e ingrandire la proprietà ereditata dallo zio Carlo, nonostante la non florida situazione economica a causa dei debiti che gravavano sulla baronia. Il matrimonio con il Di Napoli, però, aveva portato un'enorme ricchezza. Girolamo morì nel 1633 ed Elisabetta trasferì la sua residenza da Palermo ad Alessandria della Pietra per dedicarsi pienamente alla propria comunità. Tra il 1594 e il 1681 (con Carlo ed Elisabetta Barresi) Alessandria della Pietra registrò un notevole incremento demografico passando da 307 a 4246 abitanti.
Ad Occidente il suo orizzonte si apre e l’occhio, di chi si affaccia dalla villa comunale, degradando dai monti che sovrastano Bivona fino a quelli di Rifesi e Caltabellotta si rilassa sulla verde vallata dove un invaso artificiale – la diga Castello – riflette il paesaggio circostante molto ricco dei colori che la natura regala. Alessandria della Pietra fu il primo nome dato al paese, probabilmente per la vicinanza alla Pietra o Rocca D’Amico.

Dal 1713 al 1862 il nome fu Alessandria di Sicilia. Il 7 novembre assunse l'attuale denominazione su delibera del Consiglio comunale successiva a sollecitazione del Governo del Regno d’Italia che, infatti, accolse la richiesta degli amministratori alessandrini e con Regio Decreto del 3 gennaio 1863 confermò la nuova denominazione, Alessandria della Rocca, per evitare problemi di omonimia con altri comuni. I primi insediamenti umani nel territorio risalgono all’epoca dei Sicani dei quali rimangono due necropoli le cui tombe, a forno o a grotticelle, furono scavate sulla parete di nord-est di una montagna di roccia bianca, di natura calcarea, chiamata “Gruttiddri”, e in un piccolo costone roccioso in prossimità del monte Lurdichella (Lurdicheddra) che presenta sulla sommità i segni di un insediamento umano (Un'indagine effettuata da un team dell'istituto archeologico dell'Università di Gottingen nel biennio 2009/2010 ha messo in luce il sito di Lurdichella assieme a circa 200 siti archeologici rinvenuti nei territori di Alessandria della Rocca e di alcuni comuni limitrofi).
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Del 1664 è la chiesa con il convento annesso dei Padri Minori Osservanti. Il Santuario della Madonna della Rocca è del 1630. Non si hanno notizie storiche rilevanti per quanto riguarda il periodo che va dalla fine del 1600 all’Unità d’Italia 1861, durante il quale la Sicilia, dopo tre secoli di dominio spagnolo, esercitato attraverso onnipotenti vicerè, diviene merce di scambio quando, per il Trattato di Utrecht, Vittorio Amedeo II di Savoia il 24 dicembre 1713 prende il titolo di re di Sicilia. Il generale malcontento antisabaudo, per un pesante fiscalismo, permette alla Spagna di riappropriarsi dell'Isola, con grande giubilo della popolazione. Passano soltanto due anni e con il trattato dell’Aja, a conclusione della guerra della Quadruplice Alleanza (Francia, Inghilterra, Austria, Olanda, contro le mire di espansione spagnole), la Spagna, è costretta a cedere la Sicilia agli Austriaci. La situazione socio-economica dell’isola si aggrava ulteriormente perché gli austriaci aumentano le tasse. La Sicilia ritorna sotto controllo spagnolo nel 1734 con Carlo di Borbone che riesce a sconfiggere gli austriaci in Puglia e nell’isola. Carlo III diviene re delle due sicilie e avvia un'opera riformatrice, che permette di mitigare la pressione fiscale e favorire i commerci. Limita i poteri dell'Inquisizione e incarica gli stessi Siciliani delle cariche pubbliche isolane. La Sicilia rimarrà sotto il dominio spagnolo dal 1734 al 1861. Con il Regno d’Italia, il primo Presidente del Municipio di Alessandria fu Faustino Cosentino, seguirono il Notaio Giuseppe Amorelli, il dottor Giuseppe Giglio e altri. Nel 1862, come già riferito, il Comune cambiò il nome in Alessandria della Rocca. Il paese, come tutta l’isola, viveva in condizioni economiche di miseria. Brigantaggio, analfabetismo, collusione tra mafia e politica, sfruttamento delle categorie sociali nullatenenti, caratterizzavano la società. Alla fine del 1800 Alessandria della Rocca cercò di inserirsi in quel moto popolare che furono i Fasci Siciliani. La situazione socio-economiche era diventata ancora più grave e la disperazione spinse braccianti e artigiani a mobilitarsi per costituire il fascio dei lavoratori presieduto da Pietro Amorelli e formato da 250 soci, di cui 14 donne. Il Fascio s’impegnò nel far rispettare ai proprietari terrieri gli affitti in corso e nel richiedere accordi migliori. Il Fascio Alessandrino e quelli siciliani conobbero la durezza della repressione ordinata dal Capo del Governo Francesco Crispi al quale poco interessavano le rivendicazioni economiche e sociali legittime delle plebi siciliane da troppo tempo oppresse da un sistema di potere economico reazionario e conservatore che tenevano l’isola in un sistema feudale. Tanti alessandrini emigrarono in America alla ricerca di quella dignità e libertà umana negata nella loro terra. Nel 1902 fu costruito l’acquedotto che portò l’acqua potabile dalle sorgenti del Voltano nel centro abitato, grazie al Sindaco Giuseppe Bondì. La grande guerra chiamò anche gli Alessandrini alle armi e, di conseguenza, si aggravarono le condizioni economiche già precarie di molte famiglie. Con il fascismo lo Stato chiese ancora una volta un notevole contributo di uomini per partecipare alla guerra voluta da Hitler e Mussolini. La mancanza di tante braccia nel lavoro in campagne rese ancora più difficile la vita della popolazione Alessandrina. Nel secondo dopoguerra, molti braccianti, affittuari e poveri contadini, delusi dalla riforma agraria che non apportò cambiamenti significativi, decisero di emigrare nel continente americano. Tra il 1950 e il 1960 la popolazione diminuì di oltre 1000 abitanti. L’introduzione di mezzi agricoli e concimi chimici in agricoltura consentì, negli anni Sessanta/Settanta un significativo sviluppo agricolo che produsse notevoli cambiamenti nella società Alessandrina. Il generale benessere favorì uno sviluppo edilizio mai visto prima, ma produsse un tale abusivismo che cambiò notevolmente e irrimediabilmente l’aspetto urbanistico del paese. Gli anni Ottanta furono caratterizzati dal consumismo e spreco di denaro, senza limiti, da parte della popolazione e soprattutto da parte delle amministrazioni che si alternarono alla guida del Comune. Conseguenza immediata di tale atteggiamento politico e sociale fu la ripresa del fenomeno migratorio che a partire dal 1990 circa ai nostri giorni ha prodotto una riduzione della popolazione da circa 5000 a circa 3000 abitanti.
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